Il tema dell’anno è di sicuro il climate change: mentre le aziende ridiscutono modelli rodati, le istituzioni offrono incentivi, e si definiscono nuove certificazioni ambientali. Prende forza il concetto di green supply chain, ovvero di un ciclo di produzione in tutto ecosostenibile. Un processo con vantaggi innegabili: vediamo quali.


SOMMARIO

Green economy, economia circolare, sostenibilità ambientale

Era nell’aria da anni, ma di recente il dibattito su green economy, economia circolare e sostenibilità ambientale si è fatto rovente. Ma i tre termini sono davvero sinonimi? Non proprio: la green economy è un modello complessivo, l’economia circolare più un processo produttivo, per sostenibilità ambientale si intendono infine le misure per diminuire l’impatto di processi, servizi o prodotti.
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Il quadro generale e i casi concreti

Spinta da un forte movimento d’opinione, l’economia globale cerca nuove soluzioni per mantenere i profitti e ridurre i danni ambientali. Anche in Italia, a fine estate sono state rilasciate anticipazioni su un piano del governo analogo al Green New Deal proposto negli Stati Uniti. Anche se molte idee sono poi state ridimensionate, si parlava tra l’altro di imballaggi e di prodotti “alla spina”. Il tema del packaging di prodotto è delicato, ma può spingere a soluzioni interessanti: alcuni imballaggi ecosostenibili sono spesso così attraenti da funzionare ai fini promozionali. I colossi del settore sono al lavoro da tempo sul tema: basta guardare, per esempio, a Tetrapak.
Altra nota dolente e possibile opportunità: quella del riciclo. “Economia circolare” vuol dire limitare la dispersione di energia e materiali grazie al riciclo e alla scelta oculata delle risorse. Esempi virtuosi: per esempio l’olandese Better Future Factory, che crea materiali per la stampa 3D dalla plastica riciclata. Molto interessante anche il caso di Ananas Anam: ottiene il tessuto Piñatex dalle foglie di ananas, inoltre con un procedimento veramente “circolare”.

Green supply chain ed economia circolare: Ananas Anam

Economia circolare: il progetto Piñatex® di Ananas Anam.

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Le certificazioni ISO per la green economy


Le principali linee guida sono contenute nel Pacchetto Economia Circolare della UE, che stabilisce le quote di riduzione rifiuti e recupero materiali da raggiungere entro il 2030. Report e altro materiale utile sono disponibili nella sezione dedicata del sito della Commissione Europea. Alcune certificazioni ISO permettono poi di misurare la propria impronta ambientale e accreditarsi. L’ISO 9001 valuta il funzionamento generale di un’azienda, ma c’è anche la certificazione comunitaria ISO 14001. Quest’ultima misura l’idoneità specifica in tema di impatto ambientale (ottimizzazione consumi, riduzione emissioni, gestione criticità).

Ancora più specifica, la ISO 14067 valuta le emissioni di CO2, la cosiddetta Carbon footprint: introdotta nel 2018, quantifica le emissioni di gas serra durante l’intero ciclo di vita di un prodotto. Si considerano allora la fase di lavorazione, quella di trasporto e distribuzione, infine quella di smaltimento finale del prodotto. Concentrandosi sui gas serra, la ISO 14067 non tiene in considerazione altri aspetti, ma è comunque un ottimo strumento a disposizione. Come altre certificazioni ISO, anche la 14067 è su base volontaria; un quadro più esaustivo al riguardo si può trovare qui.
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Green supply chain e software ERP

Un’azienda volenterosa sui temi dell’ambiente deve controllare il funzionamento generale ma alcuni punti in particolare. Quali sono allora gli indicatori più importanti per un green supply chain management, una gestione “verde” del proprio processo di produzione?

  • In primo luogo qualità e quantità dei consumi energetici: incidono sulle spese e l’efficienza, e naturalmente appesantiscono l’impronta ecologica. Riconvertire le fonti di energia in senso green è la strategia di lungo periodo; la riduzione degli sprechi, invece, si può fare subito. Software ERP evoluti, in questo senso, forniscono un quadro dettagliato su cui impostare strategie efficaci.
  • Tracciabilità delle materie prime: per poter smaltire un prodotto occorre sapere di cosa è fatto (ed esserne certi). Sistemi di etichettatura intelligenti, per esempio basati su blockchain, e comunicazione trasparente con i fornitori sono fattori essenziali. Solo così i prodotti in commercio avranno composizione certa, e se ne potrà definire il “fine vita”. Anche in questo caso, un sistema ERP aiuta nel gestire i “rifornimenti” in modo tempestivo e in dettaglio.
  • Smaltimento finale: l’obiettivo rifiuti 0 è forse poco realistico… o forse no, con una gestione oculata dell’intero ciclo di vita del prodotto.

Impostare una vera green supply chain, in sintesi, vuol dire controllare scrupolosamente i dettagli del proprio processo produttivo. Per aziende già mature, ciò significa tempo e pazienza per impostare un processo di riconversione. Fondamentale, allora, contare su un sistema di gestione affidabile, come appunto un ERP evoluto. Solo così si può avviare un piano green con obiettivi chiari e indicatori di performance misurabili. I benefici, e non solo sotto il profilo etico, sono molti e innegabili.

Un esempio virtuoso di approccio green, per chiudere. La sarda Ichnusa, con la sua iniziativa per il “vuoto a rendere”, è intervenuta efficacemente su un tema di impatto ambientale, e ne ha tratto inoltre un riscontro positivo per il brand.

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Vedi anche: La supply chain per aumentare la competitività della tua azienda | 5 dei più grandi problemi della supply chain nell’industria alimentare