Aspettando che si faccia qualcosa a livello normativo per proteggere il Made in Italy e l’export agroalimentare, vediamo insieme come combattere a livello di software gestionale italian sounding food, agropirateria e altre forme di contraffazione diffusi nella produzione di cibo e bevande.
SOMMARIO
- Ancora a proposito di tracciabilità, rintracciabilità ed ERP
- Italian sounding food, imitazioni, agropirateria
- “Suonare” italiano: esattamente
- Qualche dato
- Rintracciabilità contro falsi e contraffazioni
- Etichette narranti e smart
- Soluzioni gestionali contro la contraffazione
- Blockchain per l’agroalimentare
Ancora a proposito di tracciabilità, rintracciabilità ed ERP
Ne parleremo ancora qui, dopo averlo fatto qui e qui, perché il tema è molto delicato e sicuramente importante. Nello specifico in questo post vedremo in che modo un moderno sistema gestionale può garantire la rintracciabilità dei prodotti agroalimentari e la tracciabilità della loro filiera. Il comparto cibo e bevande è infatti uno dei più sensibili a questi argomenti. Più nello specifico, l’export agroalimentare è tra i primi beneficiari del brand Made in Italy, e per questo motivo anche uno dei più colpiti da tentativi di imitazione.
Contro i tentativi di spacciare per italiani prodotti che non lo sono, è importante allora che gli stessi operatori “onesti” offrano strumenti di garanzia. Tali strumenti tornano utili sui mercati esteri, ma naturalmente anche sui banchi nazionali. Le certificazioni di origine protetta validano infatti le nostre eccellenze territoriali, ma possono essere “truccate” e, purtroppo, accade non di rado. Per fare chiarezza, allora, sistemi gestionali evoluti e nuove tecnologie possono fare grandi cose. Ma andiamo con ordine.
SU
Italian sounding food, imitazioni, agropirateria
Per circoscrivere il campo, ci concentreremo qui sulla produzione destinata all’export e alla tutela delle nostre eccellenze enogastronomiche, sempre rimanendo in ambito food&beverage. Si può iniziare distinguendo tra le diverse forme di usurpazione del prestigioso brand “made in Italy” nel settore alimentare.
Nello specifico, va capita prima la differenza tra il fenomeno dell’agropirateria e quello propriamente dell’italian sounding food. Nel primo caso si parla di vera contraffazione: l’agropirateria è infatti un reato a tutti gli effetti. Per esempio mettere la DOC in etichetta anche se non se ne ha titolo (succede anche all’estero), o spacciare per italiano olio extravergine di altri Paesi.
SU
“Suonare” italiano: esattamente
Il cibo che “suona” italiano (come vuole la traduzione del termine Italian sounding) fa una cosa subdola, comunque scorretta. Evoca infatti un marchio o un prodotto made in Italy senza copiarlo esplicitamente. Come nei nostri mercati si possono trovare le sneakers Mike o i jeans Calvim Kleim, all’estero non è raro incontrare Mortadele, Prisecco o Pasta Schuta. Il fenomeno colpisce in massima parte l’export (in Italia sarebbe difficile confondere Parmesan e Parmigiano Reggiano), i danni sono ingenti.
I prodotti che “suonano” italiano sono dannosi perché difficili da combattere: non c’è vera frode, perché il nome non è esattamente quello del vero prodotto italiano. A differenza della contraffazione, allora, un’azione di sola repressione può fare poco. Per questo diventa importante che le aziende si organizzino per certificare da sole qualità e origine dei loro prodotti. Combattere al livello propriamente gestionale italian sounding food e simili, in pratica.
SU
Qualche dato
Secondo le stime di uno tra i soggetti più coinvolti dalla questione, Coldiretti, il giro d’affari stimato è imponente. Ben oltre le cifre del “vero” Made in Italy, che per il comparto agroalimentare ammonta per il 2018 a circa 40 miliardi di euro.
Si calcola che l’italian sounding food fatturi nel complesso circa 100 miliardi di euro, con un aumento del 70% nell’ultimo decennio. I prodotti più colpiti sono quelli più conosciuti, naturalmente. Per esempio, Parmigiano Reggiano e altri formaggi tipici: negli USA il 90% dei formaggi proposti come italiani sarebbero made in USA. Anche in Russia il cibo simil-italiano è molto presente, e i prodotti che si richiamano alle nostre DOP e DOCG svariati. La crescita è, paradossalmente ma non troppo, trainata dal successo del vero Made in Italy.
Alla …fame di cibo italiano si risponde così con soluzioni più a buon mercato prodotte in loco. Da non sottovalutare, in tempi di minacciati dazi, il peso delle contingenze politico-economiche. Da questo punto di vista, per esempio, un forte impulso alla produzione autoctona di prodotti fintoitaliani si è avuto in Russia con l’introduzione delle sanzioni al commercio. Per tutte queste ragioni, in sostanza, oggi nel mondo si stima che 2 prodotti su 3 siano made in Italy solo a parole.
Rintracciabilità contro falsi e contraffazioni
Mentre si aspettano accordi internazionali di tutela dei prodotti nostrani, obiettivo ambizioso e complesso, le aziende possono già fare molto. Puntare sulla rintracciabilità dei propri prodotti è infatti una strategia vincente già per il mercato domestico, lo diventa ancora di più nell’export.
In concreto, come già spiegato in post precedenti, la rintracciabilità è l’esito di un processo di gestione trasparente della propria filiera. Nel settore agroalimentare, si tratta in certa misura di un atto dovuto, perché già diverse norme obbligano le aziende a indicare composizione e origine dei loro prodotti. In particolare, a livello europeo vige la normativa 1169/2011, nata con l’intento di tutelare la salute dei consumatori. Proprio a tale scopo, si è reso allora obbligatorio riportare in etichetta dati circa la composizione dell’alimento e le eventuali informazioni di impatto sulla salute.
SU
Etichette narranti e smart
Anche nei prodotti che ottemperano alle normative, del resto, comunicare in maniera chiara e ispirando fiducia diventa sempre più importante. Ciò significa non solo riportare in etichetta codici e numeri per indicare stabilimenti e trattamenti, ma piuttosto raccontare cosa si vende. Una forma accattivante (…forse troppo) di etichettatura è per esempio quella delle “etichette narranti” proposte da SlowFood.
Il racconto del prodotto dall’etichetta è reso del resto possibile in larga parte dalle nuove tecnologie. Le etichette smart, da questo punto di vista, permettono di archiviare molti dati e di farlo in maniera sempre più intelligibile. Rimandiamo ancora a un nostro post precedente per alcuni interessanti esempi di etichettatura “smart”, a opera principalmente degli attori della GDO. Qui ricordiamo ancora che, per certificare origine e composizione di un alimento, bisogna seguirne tutte le fasi di produzione, trattamento e confezionamento, e per farlo serve un gestionale evoluto.
D’altra parte, ciò che cambia veramente con le etichette smart è che quanto viene riportato può essere concretamente verificato. Etichette narranti, in un certo senso, ce ne sono sempre state, e anzi il fenomeno dell’italian sounding food si regge proprio sul packaging malizioso. I nuovi strumenti di tracciabilità permettono però al consumatore finale di verificare concretamente quanto riportato in etichetta.
SU
Soluzioni gestionali contro la contraffazione
Contrastare con un buon sistema gestionale italian sounding food e altri sistemi di contraffazione: come si fa? Un software pensato per le esigenze del settore agroalimentare riuscirà in primo luogo a tenere traccia di tutta la supply chain. Nello specifico, nel caso di prodotti agricoli, potrà archiviare dati sul terreno di coltivazione, le sementi impiegate, i tempi di semina e raccolto, i trattamenti fitosanitari e altro ancora. Per prodotti di origine animale, ancora più importante sarà indicare oltre agli stabilimenti di origine, le modalità di lavorazione, i trattamenti medici, le condizioni di allevamento e così via.
In sostanza, un buon gestionale potrà seguire passo dopo passo la vita (è il caso di dirlo) del prodotto, soprattutto certificandone i dati. Quanto riportato sull’etichetta finale sarà quindi rapidamente verificabile perché archiviato e validato nel sistema di gestione. Il sistema di certificazione potrà essere esterno, quindi relativo alla soddisfazione dei vari standard (per esempio con le certificazioni DOP o DOC), o direttamente interno. Quest’ultimo è il caso dell’autocertificazione via blockchain, la tecnologia che più garanzie sembra dare contro la contraffazione dei dati.
SU
Blockchain per l’agroalimentare
Come noto, con il sistema blockchain le possibilità di manomissione si riducono (quasi) a zero, e inoltre i dati risultano direttamente accessibili ai soggetti coinvolti. Saranno gli stessi consumatori, con sistemi opportunamente congegnati, ad avere accesso ai dati certificati. Tornando al caso dell’italian sounding food, un alimento destinato all’export avrà una garanzia in più: si potrà infatti capire subito se è “davvero” made in Italy.
Da non sottovalutare neppure le potenzialità della tecnologia per certificare le etichette di origine protetta o controllata. DOP e DOCG hanno spesso, in effetti, problemi di certificazione anche sul mercato interno, e ne sanno qualcosa anche le nostre eccellenze regionali. Poter garantire l’autenticità di un marchio di denominazione di origine è quindi un sicuro plus.
Dal punto di vista economico, occorre certo un investimento aggiuntivo nel settore software. I risultati, però, saranno ottimi risultati sia per la reputazione del marchio sia, in sostanza, per le vendite. Il video sotto è un ottimo esempio di come contrastare in ambito gestionale italian sounding food e altre forme di concorrenza sleale. Il sistema, ideato da TrustedChain, si integra perfettamente con software quali gli ERP2 sviluppati da Enter.
Vedi anche: 5 dei più grandi problemi della supply chain nell’industria alimentare |
Supply chain: definizione e significato del supply chain management