Il concetto di sanità digitale è diventato ormai familiare anche in Italia, in particolare dopo il biennio 2019-2021. È una nebulosa ampia, ma in sintesi comprende le molte applicazioni delle tecnologie digitali ai servizi sanitari, nell’ottica di migliorare le modalità di accesso e fruizione a questi ultimi.

Ci sono molte situazioni e declinazioni diverse di questo paradigma, che sicuramente plasmerà il nostro rapporto futuro con la medicina, gli esami e la sanità in generale. Basti pensare che una quota importante degli investimenti in sanità del PNRR riguardano proprio la digitalizzazione del sistema sanitario e l’incentivazione di forme di telemedicina.

Una tra le molte declinazioni concerne la dematerializzazione dei documenti sanitari, come si concretizza per esempio nell’accesso ai referti online. È una modalità di fruizione che data almeno al 2012, quando è stato istituito il fascicolo sanitario elettronico. In sostanza, una cartella clinica in digitale su cui archiviare risultati di esami, referti e altri dati della propria storia clinica che possono, così, essere condivisi e fruiti più agevolmente.

Altra declinazione riguarda poi la possibilità di gestire l’accesso alle prestazioni anche da remoto, con sistemi di prenotazione esami attivi direttamente online. È una pratica già in uso in molte strutture pubbliche e private (per esempio laboratori analisi o strutture convenzionate), e che sicuramente può facilitare l’accesso ai servizi sanitari da parte dei cittadini. Per le strutture stesse, poi, c’è il vantaggio di organizzare prenotazioni e appuntamenti meglio e con meno risorse, riducendo magari il ricorso a numeri verdi e altre forme.

SOMMARIO

Sanità digitale: tutto bene?

Anche in ambito sanitario, dunque, anzi forse più che altrove, la digitalizzazione delle procedure è volano di semplificazione ed efficienza, per tutti i soggetti coinvolti.

Per gli utenti finali, prenotare gli esami online e consultarli senza fare la fila allo sportello è più di una semplice comodità: può diventare un importante strumento di accesso ai servizi essenziali per chi magari abita lontano dalle strutture sanitarie o ha più difficoltà a spostarsi. Per gli operatori, invece, la dematerializzazione di esami e referti migliora la capacità di gestione, porta ordine ed efficienza negli archivi e semplifica la ricerca o l’inserimento di informazioni. Inoltre, ammortizza importanti voci di spesa e libera gli operatori da impellenze burocratiche che non competono loro.

È un quadro idilliaco, troppo bello per essere vero. E infatti ci sono anche alcuni rischi e difficoltà da considerare. Niente che non possa essere superato con una scelta oculata di tecnologie e strumenti digitali, tuttavia criticità di cui è bene essere consapevoli.

Guardiamo allora ad alcuni rischi legati alla digitalizzazione dei servizi sanitari e, nello specifico, all’adozione della refertazione online.
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Sicurezza e tutela dei dati

Lo scoglio più grande contro il quale evitare di cozzare è, naturalmente, quello della privacy. I dati contenuti in esami e cartelle cliniche sono classificati come “sensibilissimi” dal GDPR 279/2016, il Regolamento Europeo sulla Privacy. Questo vuol dire che il loro trattamento deve essere limitato esclusivamente agli scopi essenziali, e la loro tutela deve essere particolarmente accurata.

Cartelle cliniche ed esami sembrerebbero in effetti molto ambiti nel dark web (secondo il Sole24Ore, una cartella clinica può valere fino a 2000€), e i sistemi informatici delle strutture sanitarie sono un bersaglio frequente di attacchi informatici. Nel rapporto CLUSIT sulla sicurezza ICT in Italia emerge che il 13% dei cyberattacchi ha coinvolto una struttura sanitaria, un dato in netto rialzo rispetto al 2020.

Tra 2021 e 2022 molti casi eclatanti hanno occupato la ribalta. Per riepilogarne alcuni:

  • l’attacco alla Regione Lazio del luglio 2021, che ha messo fuori uso tra l’altro la piattaforma di prenotazione vaccini;
  • l’attacco di LockBit 2.0 alla USL di Padova, a inizio 2022;
  • il ransomware recapitato a maggio 2022 ai sistemi sanitari del gruppo ASST Fatebenefratelli – Sacco.

Perché i dati sanitari fanno gola agli hacker? Perché, oltre ad essere estremamente riservati, possono essere usati per furti di identità, accesso a prescrizioni mediche e così via. Inoltre, in referti e cartelle cliniche sono spesso associati ad altri dati sensibili come gli estremi di pagamento.

Servizi sanitari digitalizzati devono per questo ottemperare al principio della privacy by design. Non devono cioè limitarsi a forme di protezione passiva ma definire architetture IT robuste, aggiornate e con sistemi di prevenzione e gestione del rischio adeguate. Da un punto di vista pratico, quindi, non basta mettere online i risultati degli esami dei propri clienti. Occorre definire policies di profilazione, autenticazione e conservazione dei dati clinici estremamente accurate. Come del resto prevede lo stesso GDPR in materia

Insomma, occorre investire in tecnologia e formazione del personale, perché anche un sistema sofisticato può cedere per un errore umano.
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Gestione dei processi

Assicurare privacy e tutela dei dati è un passo essenziale, ma se poi questi dati non sono corretti, i referti vengono pubblicati con ritardo oppure occorre lavorare il doppio per ottenere gli stessi risultati, non basterà a fornire un servizio efficiente. Le inefficienze del processo di gestione dei dati sono allora un altro potenziale ostacolo sulla strada della piena digitalizzazione del servizio sanitario.

Un servizio non correttamente ingegnerizzato comporta per l’utente finale problemi diversi, tra cui:

  • difficoltà di autenticazione al portale;
  • lentezza di navigazione;
  • difficoltà di interazione con la piattaforma.

Per gli operatori in back office, invece, i problemi si manifestano come surplus di lavoro non preventivato e altre forme di utilizzo non produttivo del proprio tempo. Ma non solo: un collegamento non efficace tra i macchinari di analisi e il software che trasmette i risultati mette a rischio la stessa validità delle analisi.

C’è poi la questione della scalabilità della piattaforma di gestione dei dati, visto che i processi sanitari sono tra i più “prolissi” in materia e impongono la definizione di architetture flessibili e la disponibilità costante di risorse IT.

Ancora, un altro ostacolo riguarda la comunicazione tra piattaforme e sistemi. Si pensi alle analisi eseguite in centri convenzionati con il SSN, i cui risultati devono poi essere trasmessi alla struttura di riferimento. Oppure alla gestione dei tamponi Covid-19 in ottica Green Pass, in cui spesso problemi di comunicazione tra i sistemi IT hanno prodotto disservizi.

Anche dopo la fase più dura dell’emergenza Covid-19, da simili esigenze di interoperabilità dipende l’attività quotidiana di molte strutture sanitarie, convenzionate o meno. E con la possibilità di gestirle a dovere si giocano molte delle promesse di efficientamento della sanità digitale.

Volume di dati prodotti dai sistemi di sanità digitale

Una comparazione per settore del volume di dati prodotti, incluso nel già citato rapporto CLUSIT, mostra la “voracità” dei sistemi di sanità digitale

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Usabilità e competenze

Ne parlavamo prima. Anche un sistema informatico a prova di bomba può essere vittima di fuoco amico, e quindi cedere per l’errore o la disattenzione di un operatore. Questo è il motivo per cui la difficoltà di accesso e utilizzo è un altro fattore potenzialmente critico da considerare quando si parla di referti online.

Accesso e utilizzo vanno intesi nelle due direzioni della comunicazione tra struttura sanitaria e utente finale. Un sistema digitale deve cioè risultare comprensibile e user-friendly tanto per chi deve consultare delle analisi quanto per chi tali analisi le deve rendere disponibili.

Compito di chi progetta e fornisce strumenti di sanità digitale è quindi fare attenzione all’esperienza utente della propria proposta. L’user-friendliness è ben più della scelta di colori e font “carini” o di un layout gradevole, e in questo campo deve agevolare al massimo il lavoro da svolgere, sia con guide in linea o chatbot sia direttamente by design, con la corretta articolazione delle procedure principali. Cruciale, poi, è assicurare il corretto collegamento tra i livelli hardware e software delle attività, per gestire meglio funzioni e operazioni dei macchinari.

D’altro canto, per chi lavora nel back-office sono utili una corretta definizione delle procedure da eseguire e momenti di formazione specifica sugli strumenti software in uso. A ciò si dovrebbe accompagnare comunque un generale aggiornamento delle competenze digitali. Una maggiore consapevolezza dei rischi connessi alla gestione digitali dei dati sanitari, e insieme una maggiore confidenza con i basilari del lavoro in digitale.

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Conclusioni

La sanità digitale rappresenta in fin dei conti una grande opportunità per tutti, che siano utenti o proponenti di servizi sanitari. Le enormi potenzialità che porta con sé, e che qui abbiamo visto soprattutto in riferimento a esami e analisi di laboratorio, si traducono in risultati concreti nel momento in cui vengono rimossi alcuni ostacoli di percorso.

Tre di questi ostacoli li abbiamo visti sopra, chiarendo anche come e con quali strumenti prevenire o tenere sotto controllo i rischi.

Per quanto riguarda gli strumenti digitali veri e propri, è chiaro che non basterà adottare un software per cambiare il modus operandi, tanto più in un sistema complesso come quello sanitario. Un buon software dedicato può però iniziare un percorso, e in ambiti come quelli del laboratorio analisi iniziare a fare quella differenza che serve, in termini di qualità del servizio come anche di efficienza interna e ottimizzazione dei costi.

Il nostro software dedicato si chiama ExtraLab, ed offre molte soluzioni ai problemi di gestione dei referti e degli altri aspetti di sanità digitale che abbiamo appena visto.

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