La green economy come modello di crescita economica non nasce certo oggi: se ne parla da decenni, ormai. In questo tempo diversi provvedimenti e iniziative pubbliche e private hanno provato a trasformare il mondo produttivo in modo da ridurne l’impatto sull’ambiente.

Con l’approvazione dell’European Green Deal e, in seguito, del Next Generation EU i temi legati all’economia verde diventano ancora più centrali. Il nuovo modello teorico di sviluppo per l’industria europea viene così presentato nei documenti ufficiali:

“La nuova strategia industriale per l’Europa porterà avanti le due transizioni gemelle, quella verde e quella digitale, e produrrà maggiore competitività a livello globale. Aiuterà le industrie a ridurre la loro impronta ecologica offrendo soluzioni alla portata e con tecnologia pulita, sviluppando nuovi modelli di business.” [EU Green Deal]

Si parla qui di un processo complesso. Una trasformazione che richiede corposi investimenti e un ripensamento radicale del modello di produzione seguito finora. Un impegno e un rischio, per il quale del resto sono previsti incentivi sostanziosi, ma anche un’opportunità.

Vediamo allora 5 motivi per cui la sostenibilità ambientale può essere un buon investimento per imprese di ogni dimensione e settore, e quali strumenti possono agevolarlo.

Parliamo in primo luogo di quei sistemi di gestione aziendale, come gli ERP di nuova generazione, che migliorano il controllo sui processi in atto e, quindi, ottimizzano l’uso delle risorse.

SOMMARIO

Competizione: l’economia verde e il nuovo mercato

Un’impresa green, al giorno d’oggi, è in molti casi più efficiente delle altre. Per questo motivo ottiene un significativo vantaggio competitivo.

Questo vantaggio si applica sia nelle migliori marginalità garantite da un miglior controllo sull’uso delle risorse, sia materialmente con una fiscalità agevolata. Tra le misure previste dal Green Deal EU ci sono per esempio vari livelli di green taxation. Regimi di tassazione, cioè, differenziati in funzione dell’impatto ambientale provocato, e che si applicano non solo ai combustibili, ma anche all’importazione di prodotti ad elevato carico di CO2.

Puntare su un certo regime di produzione, meno impattante, è un’opportunità anche perché si accorda con i trend del mercato per il prossimo futuro. Non è soltanto una questione di incentivi più sostanziosi o tassazione meno pesante, ma piuttosto di preferenze ed esigenze dei consumatori finali.

Le ricerche di mercato indicano come molti consumatori (il 66% secondo uno studio Nielsen di qualche anno fa) siano disposti a pagare qualcosa in più per prodotti eco-friendly.

Prendere in considerazione anche l impatto ambientale della propria azienda, ridurlo e ottenere certificazioni che lo attestino diventerà quindi sempre più importante nei prossimi anni. Specialmente per quelle produzioni che si indirizzano alle generazioni più giovani.
SU

Efficientamento: tasse e opportunità per il consumo di energia

Raggiungere l’efficienza energetica è un obiettivo basilare per ogni azienda: a nessuno piace sprecare risorse. Diventa ancora più importante nel momento in cui il costo dell’energia diventa più elevato e la tassazione varia in base alla fonte di energia impiegata e consumata.

Dalle varie modulazioni della carbon tax agli sgravi fiscali concessi alle reti di energia pulita, l’efficientamento energetico è un’esigenza se si vogliono ridurre più voci di spesa. Non solamente le tasse, perché l’energia inizia a costare parecchio (come si è visto in tempi recenti anche con le utenze consumer). Per ridurre i costi, allora, serve fare una sorta di spending review.

È una questione che comporta, per esempio, una scelta sul tipo di alimentazione dei sistemi produttivi: in questo senso, un modello di sviluppo sostenibile e di efficientamento è quello delle Distributed Energy Resources. Sono circuiti basati sull’idea di prosumer e dell’accesso flessibile alle fonti di energia. Creano reti ad elevata efficienza per la produzione e lo scambio di energia da fonti rinnovabili, da utilizzare in maniera dinamica in base alle proprie esigenze.

L’efficientamento si raggiunge anche correggendo e ottimizzando i processi aziendali, così da:

  • ridurre i passaggi necessari a completare una procedura;
  • eliminare ridondanze e operazioni superflue;
  • modulare il consumo di energia in funzione della richiesta effettiva di un impianto e dei macchinari coinvolti.

Sono risultati che un sistema di gestione aziendale di nuova generazione può aiutare ad ottenere. Questo perché monitora con maggiore attenzione un ciclo produttivo e, individuando tempi morti e periodi di inattività, permette di regolarne meglio le fasi.

Vedi anche: Strumenti e prassi di efficientamento energetico per aziende
SU

Produzione: i benefici dell’economia circolare

Uno dei capisaldi della green economy è il concetto di economia circolare. Secondo la definizione del Parlamento Europeo, si parla di un

modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile. In questo modo si estende il ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo. [Parlamento Europeo]

L’economia circolare porta a una riduzione dell inquinamento e dei rifiuti di risorse naturali. Ottimi risultati, anche se estendere il ciclo di vita di un prodotto potrebbe sembrare un cattivo affare. E invece ci sono diversi benefici anche per le aziende in un sistema del genere. In primo luogo, naturalmente, perché in diversi ambiti l’onere dello smaltimento dei rifiuti spetta proprio a loro. Ma non solo.

Estendere il ciclo di vita permette infatti, tra le altre cose, di:

  • capitalizzare sui servizi di assistenza e manutenzione;
  • generare maggior valore aggiunto dalle materie prime e i materiali;
  • soddisfare le esigenze del mercato;
  • costruire una relazione più duratura con il consumatore finale.

Un modello di economia circolare dunque può essere vantaggioso, oltre che doveroso. Basti considerare che la produzione dei materiali utilizzati ogni giorno è responsabile del 45% delle emissioni di CO2. Ridurre questa percentuale farebbe bene all’ambiente e ai produttori.

Dal punto di vista delle singole aziende, completare una transizione del genere non è semplice. Anzi: richiede un ripensamento del proprio modello teorico di sviluppo economico. Al tempo stesso, un miglior monitoraggio dei cicli produttivi, e l’attenzione a metriche chiave circa la loro efficienza può già ridurre considerevolmente la percentuale di scarti e rifiuti generati in corso d’opera. E così rendere meno pesante l’impronta ecologica dell’azienda.

Vedi anche: Programmazione e controllo produzione: i vantaggi di un MES
SU

Logistica: una supply chain più agile

Un ambito che impatta notevolmente sulla carbon footprint di un’azienda. Il traffico su gomma, marittimo, aereo generato dalla nostra economia è tra i principali responsabili delle emissioni di CO2. Per parlare di green economy, dunque, occorre per prima cosa lavorare su questo punto e ridurre, o quantomeno ottimizzare, le movimentazioni di prodotti e materie prime.

Supply chain estese e produzione on demand sono stati per molti anni pratiche davvero redditizie, ma nei prossimi anni potrebbe non essere più così. Nell’Unione Europea si parla di diversificare la tassazione sui combustibili in base al contenuto energetico degli stessi. Minore sarà dunque il carico fiscale per i trasporti effettuati con energie rinnovabili che però, va da sé, alimentano ancora una quota minore delle supply chain.

La prospettiva è dunque quella di pagare di più per gli approvvigionamenti e le spedizioni. E del resto, l’esigenza di ripensare i processi logistici è anche una lezione della pandemia, quando le catene di distribuzione globali furono costrette a un lungo stop. Un ripensamento complessivo delle supply chain si può tradurre così in scelte di approccio generale ma anche in azioni più puntuali. Per esempio l’ottimizzazione dei processi logistici.

Operatori specializzati come DHL hanno nelle proprie pagine ufficiali una sezione apposita dedicata alle proprie policies per una logistica “green”. Tra queste l’impiego di veicoli a emissioni zero, certo, ma anche un incremento delle capacità di carico e l’ottimizzazione delle spedizioni. Significa, per esempio, evitare di viaggiare con metà carico e ottimizzare i percorsi.

Si tratta di misure che possono prendere anche le aziende produttrici, utilizzando programmi di gestione della logistica che consentano loro di ottimizzare le consegne coordinando la selezione e l’impiego della propria flotta veicoli.

Simili misure funzionano anche nella fase di procurement. Qui, un coordinamento più efficace tra fornitori, magazzino e linee di produzione può ottimizzare i rifornimenti di merce. Con un considerevole vantaggio sui costi e i consumi di CO2.

Vedi anche: Logistica e trasporti: cosa è cambiato, cosa dovrà cambiare
SU

Digitalizzazione: l’azienda paperless

Green Economy e trasformazione digitale vanno a braccetto, come specificato anche nel paragrafo riportato all’inizio sul Green Deal EU. Questo per vari motivi:

  • la trasformazione digitale garantisce maggior efficienza nei cicli produttivi;
  • gli strumenti digitali possono controllare gli indicatori chiave di una produzione sostenibile;
  • la tecnologia è in grado di ridurre i carichi di lavoro e ottimizzare l’uso delle risorse.

Oltre a questi indubbi benefici, ce n’è almeno un altro da non trascurare: il consumo di carta. Sembra un fattore di poco conto, ma non è così, e basta guardare ad alcune statistiche sull’impatto ambientale della carta per rendersene conto. Trovando, così, che la carta costituisce il 26% degli scarti presenti nelle discariche.

Non meno importante è, nel nostro contesto, il ruolo della carta nel contesto aziendale, dove per esempio si trova che in UK l’80% della carta viene stampata solo per essere firmata. Insomma, passare al digitale è anche un modo, oltre che di ridurre il consumo di un materiale a forte impatto ambientale, di ottimizzare il lavoro in ufficio. Secondo un sondaggio di AIIM in un ufficio paperless il tasso di produttività aumenta di circa il 30%.

La trasformazione digitale ha dunque un impatto positivo sia sugli indicatori di sostenibilità sia su quelli di produttività. È un fattore da tenere in considerazione e un risultato che si può raggiungere implementando i giusti strumenti di gestione aziendale. Strumenti che permettano di migliorare la comunicazione tra i dipartimenti, centralizzare dati e processi e migliorarne l’accesso, mantenere elevati standard di sicurezza e protezione.

Un software di gestione aziendale di questo tipo può quindi ridurre considerevolmente, se non eliminare del tutto, la necessità della stampa dei documenti. Obiettivo: quella smaterializzazione documentale che già in alcuni settori come quello contabile viene incentivata.

Vedi anche: Conservazione sostitutiva e digitale: i vantaggi in azienda
SU

Conclusioni

Ci sono dunque ottime ragioni per ripensare il proprio modello produttivo e abbracciarne uno più attento alla sostenibilità.

Per certi versi sarà imperativo nel momento in cui molte delle misure proposte in questi mesi diventeranno realtà, e produrre in maniera poco attenta all’ambiente diventerà bad for business.

Il punto, però, è che la green economy può essere anche un’opportunità per le aziende. Per ottimizzare l’uso delle risorse, rendere più efficienti i propri cicli di produzione, migliorare il ROI.

Un primo passo per raggiungere questi obiettivi può essere quello di ottenere un maggior controllo sui processi aziendali, monitorarne le metriche, integrarne i processi. È quello che un sistema ERP di nuova generazione può fare, offrendo un controllo capillare su tutte le attività che riguardano un’azienda e, in questo modo, permettendo di intervenire, ottimizzare, efficientare.

Scopri di più: Scegli il miglior ERP italiano per gestire la tua impresa
SU