Cosa si può fare nel 2020 per l’efficientamento energetico delle aziende? Quali sono gli strumenti a disposizione, quali le opportunità in termini di sgravi e incentivi e quali le buone pratiche da cui prendere spunto? Vediamolo insieme.
SOMMARIO
- La situazione del consumo energetico per aziende e PMI
- Le opportunità di efficientamento energetico
- Alcune buone prassi per ottimizzare le risorse
- La condivisione energetica e i contratti di rete
- Verso il futuro: DERs e LEMs
La situazione del consumo energetico per aziende e PMI
Partiamo dal corposo report dell’ENEA per il 2019, che ha stilato un consuntivo della situazione per privati e aziende quanto a efficienza energetica. Nello studio si analizzano i consumi, le misure intraprese per ottimizzare il bilancio energetico e, in particolare per le imprese, l’accesso agli strumenti e alle misure approntate in sede governativa. Il report prende in esame gli interventi effettuati fino al 31 maggio 2019, per stilare un bilancio di quanto fatto e definire le linee di intervento future.
Dai dati emerge un quadro in chiaroscuro. Per restare agli strumenti messi in campo dal Governo, per esempio, emerge un ricorso ancora insufficiente all’audit energetico. L’audit, o diagnosi energetica, è obbligatorio per decreto (d.lgs.102/2014) per le aziende di grandi dimensioni. Anche per le PMI è però un ottimo tool per calcolare l’efficienza della propria azienda: esamina le fonti di approvvigionamento, il loro utilizzo e le opzioni di risparmio. Inoltre, richiedere e superare l’audit energetico è un passaggio fondamentale per ottenere la certificazione di efficienza energetica ISO 50001.
Guardiamo allora a dati specifici per il centro Italia e, in particolare, le Marche: nel biennio 2016-2018 è stata avviata la prima tornata di richieste di diagnosi energetica. L’audit è stato quindi condotto per il territorio marchigiano su 403 siti, dei quali 209 classificati come piccole e medie imprese e 130 come grandi imprese. Dati che testimoniano dunque un accesso importante ma sicuramente incompleto, vista la consistenza numerica del tessuto produttivo in regione.
L’insufficiente utilizzo della diagnosi energetica, in particolare per le PMI, è un dato che accomuna le Marche a diverse altre regioni. Cause di questo parziale insuccesso possono essere la mancanza di fondi adeguati per ammortizzare l’accesso all’audit, o l’insufficiente attività di formazione svolta per rimarcare l’importanza dell’efficientamento energetico.
Anche per questi motivi, ENEA ha messo a punto uno strumento preliminare di diagnosi, ENEA Efficiency 1.0, accessibile gratuitamente (dietro registrazione) in rete.
Per saperne di più:
Rapporto Annuale Efficienza Energetica ENEA 2019
Le opportunità di efficientamento energetico
Posto dunque che una gestione sistematica del consumo energetico in azienda non è ancora molto diffusa nel nostro Paese, quali sono i principali ambiti nei quali si può intervenire? Quali sono, cioè, gli interventi più importanti da attuare per ridurre i consumi e ottimizzare le risorse necessarie a far funzionare l’impresa?
In sintesi si possono individuare tre punti chiave: il rinnovo del parco macchine, il monitoraggio dei consumi e la digitalizzazione. Intervenire su questi aspetti significa investire risorse anche importanti, ma garantirsi un ottimo ritorno in termini tanto di riduzione del consumo energetico quanto di aumento dell’efficienza produttiva.
- Il rinnovo del parco macchine è sicuramente un fattore determinante di efficientamento. Basta fare un paragone con l’ambito domestico, dove le “macchine” (lavatrici, frigoriferi etc.) di nuova generazione permettono un sensibile calo dei consumi in bolletta. Per le imprese il discorso è ancora più importante: qui i macchinari moderni prevedono sistemi di automazione che ne autoregolano la gestione delle necessità energetiche. Gli incentivi del piano Industria 4.0 hanno aiutato la diffusione in azienda di macchinari più nuovi e performanti, anche sotto l’aspetto dei consumi.
- Il monitoraggio dei consumi si collega chiaramente al tema del parco macchine. Le strutture aziendali più dinamiche ed efficienti, però, oltre a macchinari più moderni, rilevano consumi e utilizzo delle risorse attraverso un sistema di Energy Management. Un sistema che, per le aziende che vogliono fregiarsi della certificazione ISO 50001, va gestito da personale qualificato, tipicamente l’Energy Manager, e con strumenti appositi come i software EMS (Energy Management System), che si occupano appunto di monitorare e gestire al meglio il consumo di energia.
- Si vede dal punto precedente come molte pratiche di efficientamento prevedano un ricorso massiccio alla digitalizzazione dei processi aziendali. Sistemi di gestione integrata come gli Enterprise Resource Planning o i Manufacturing Execution System permettono infatti di tracciare capillarmente il funzionamento ordinario di un’azienda. Si riescono così a ricavare dati concreti e pattern di tendenza che, con una corretta attività di analisi, permettono anche di gestire in maniera oculata le risorse a disposizione e ottimizzarne il ricorso.
Vedi anche: Automazione processi produttivi e sistemi di gestione
Alcune buone prassi per ottimizzare le risorse
Spostiamoci ora a monte del processo di efficientamento energetico, vale a dire dal tipo di utilizzo della risorsa alla composizione e qualità di quest’ultima. Che tipo di energia viene utilizzato prevalentemente in azienda, e quanto è efficace in un calcolo di costi/ricavi ma anche di impatto ambientale?
Ancora riprendendo i dati del report ENEA, si evidenzia come nel comparto industria la quota più consistente di energia arrivi da combustibili gassosi ed energia elettrica, che insieme arrivano a coprire circa il 75% del fabbisogno totale (dati relativi al 2017). In particolare per quanto riguarda l’energia elettrica, c’è da considerare quanta parte di questa provenga poi da fonti rinnovabili quali eolico o fotovoltaico.
Un tema a parte è quello del settore agroalimentare, che per il suo peso nell’economia nazionale e per le pratiche stesse di produzione si caratterizza come un ambito fortemente energivoro. Questo in forma sia diretta (combustibili per le macchine, energia elettrica per climatizzazione serre e altro) sia indiretta (utilizzo di plastica, fitosanitari, mangimi).
Il problema è serio e ha dimensioni globali, ma qualcosa è già stato fatto per gestire meglio il fabbisogno energetico nel settore, e lo stesso report Enea segnala una tendenza alla riduzione dei consumi. C’è da rimarcare poi, relativamente all’ambito italiano, la crescita dell’agricoltura biologica, che lavora su scala minore e prevede un minore consumo di energia.
Buone pratiche di approvvigionamento energetico a monte, allora, sono le strutture miste e di autoproduzione. Specialmente nelle PMI, infatti, impianti autonomi di produzione energetica (i classici pannelli solari installati in azienda), possono contribuire al fabbisogno energetico aziendale in maniera rilevante. I consumi si riducono, l’impronta ambientale dell’impresa si fa meno marcata e si instaura un circuito virtuoso che prevede per esempio la compravendita di energia con il proprio gestore.
Un modello possibile che, se da un lato indica la strada ancora da fare, dall’altro mette in luce un percorso virtuoso. Usare cioè un mix energetico che combini le esigenze di continuità ed efficienza dell’apporto energetico con quelle di diminuzione dei consumi e miglioramento qualitativo. Fondi e incentivi comunitari e nazionali sembrano, insomma, poter dare buoni frutti.
Per saperne di più: Gli incentivi all’installazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili
La condivisione energetica e i contratti di rete
Seguono in parte il trend dell’autoproduzione e della compravendita altre buone prassi rilevate dal rapporto ENEA, per esempio l’accesso ai contratti di rete per l’efficienza energetica. Il contratto di rete è in realtà uno strumento istituito già nel 2009: consente alle imprese di associarsi per gestire in comune determinati progetti, mantenendo però la propria autonomia giuridica e funzionale.
Nell’ambito dell’efficientamento energetico, un contratto di rete può aiutare per esempio a condividere l’accesso a determinate risorse, oppure a gestire in comune un impianto di autoproduzione. Fare rete, in questo caso, aiuta specialmente gli operatori più piccoli ad ammortizzare gli investimenti, condividere conoscenze e competenze, ottimizzare la gestione delle proprie fonti energetiche.
È uno strumento che sembra funzionare e generare un significativo vantaggio competitivo delle imprese coinvolte, sia in termini di ottimizzazione dei consumi sia per quanto riguarda l’efficienza produttiva. Da non sottovalutare, del resto, neppure i vantaggi indiretti derivanti dalla condivisione di pratiche, progetti e competenze tra aziende di un territorio. Un punto di partenza, insomma, per creare nodi di aggregazione e innovazione, specie dove più forte è la dispersione territoriale e deficitarie le infrastrutture esistenti.
Verso il futuro: DERs e LEMs
Spinto anche da modelli virtuosi quali le reti di impresa e dal ricorso crescente all’autoproduzione energetica, si sta affermando dunque un modello diverso di gestione delle risorse. È un sistema che mette al centro la figura del prosumer, e che sembra vantaggioso anche per le aziende: l’energia viene scambiata con il gestore, più che semplicemente acquistata, e l’utente (in questo caso l’azienda) diventa sia produttore (PROducer) sia consumatore (conSUMER).
Fanno capo a questo modello sistemi magari ancora in embrione sul nostro territorio ma sicuramente promettenti: per esempio, la gestione decentrata delle risorse da energia rinnovabile, mediante mercati locali di piccoli produttori. Un modello di consumo energetico a chilometro zero che va sotto la sigla di LEM (Local Energy Market) e presuppone una rete di DERs (Distributed Energy Resources, risorse energetiche ditribuite) gestite con un massiccio ricorso alla tecnologia.
Il sistema sembra futuribile, ma in effetti Internet of Things e blockchain lo rendono già possibile. In questo modello, l’azienda provvede al proprio fabbisogno energetico partecipando a una rete locale di produzione nel quale l’accesso e il prelievo di risorse vengono gestiti in automatico. Si attinge energia dalla rete o se ne immette, a seconda delle esigenze e del fabbisogno del momento. Consumi e ricavi vengono contabilizzati in modo sicuro e lo scambio di controvalore economico si svolge su piattaforma blockchain.
In attesa che un simile modello diventi realtà diffusa e concreta, vale la pena ricordare di seguito i principali incentivi, già in essere, per attuare interventi di efficientamento energetico in azienda. Misure che possono essere sintetizzate in tre punti fondamentali:
- detrazioni fiscali, pure e semplici, che ammortizzano fino al 75% degli investimenti sull’ammodernamento e la riqualificazione energetica degli edifici;
- conto termico 2.0, che mette a disposizione anche delle imprese fondi per interventi di efficientamento energetico e di produzione da fonti rinnovabili;
- certificati bianchi, ovvero titoli di efficienza energetica (TEE) negoziabili emessi al raggiungimento di determinati obiettivi di risparmio energetico annuo.
Maggiori informazioni su condizioni e requisiti per l’accesso a queste misure alla sezione apposita del Ministero per lo Sviluppo Economico (MISE).
Un breve, e simpatico, video promozionale realizzato da Centrica per illustrare un progetto di mercato energetico locale realizzato in Gran Bretagna.
Vedi anche: Software per PMI 4.0: soluzioni gestionali per l’innovazione |
Green supply chain: sostenibilità e gestione della produzione