L’ecommerce cresce anche nel settore alimentare. Per chi produce o commercia prodotti Made in Italy, poi, c’è un mercato ampio e attento fuori dai nostri confini. E allora: come attrezzare i propri canali digitali alle sfide dell’export alimentare?
Le vendite online saranno nei prossimi anni un elemento trainante per molti settori dell’economia italiana: in qualche misura lo sono già, ma le prospettive di crescita sono ancora più incoraggianti. Questo anche perché finora il potenziale dell’ecommerce in Italia non si è pienamente espresso.
In questo contesto, i canali di vendita digitali funzionano anche per le aziende del food&beverage? E, in particolare, è possibile utilizzare il canale ecommerce per fare export online di prodotti italiani?
Proviamo a capirlo guardando a 6 fattori chiave. Sono, a nostro parere, i sei elementi fondamentali da considerare per un’azienda decisa a tentare questa strada.
SOMMARIO
- Consapevolezza: conoscere le opportunità per il comparto food
- Audience: trovare la giusta nicchia di riferimento
- Certificazioni: garantire la “vera” esperienza del made in Italy
- Filiera snella: controllare la supply chain nel modo più efficiente
- Ecommerce: offrire una esperienza di acquisto soddisfacente
- System integration: gestire una infrastruttura digitale che funziona
1. Consapevolezza: conoscere le opportunità per il comparto food
Per prima cosa, naturalmente, serve capire quanto è importante oggi il canale delle vendite online, in tutti i settori e anche in Italia. Da questo punto di vista, il 2020 è stato un crash test: una situazione eccezionale creatasi con il lockdown, che ha costretto operatori e clienti a comunicare a distanza.
“nel 2020 il mercato online Food&Grocery vale 2,7 mld €, segnando un’impennata del +70% rispetto al 2019. La crescita, pari a circa 1 mld € in valore assoluto, è la più alta di sempre” [Osservatori.net]
L’anno passato è stato quindi quello dell’esplosione dell’ecommerce, anche con la sperimentazione di formule inedite per fruirne. 2021 e seguenti saranno invece gli anni in cui capitalizzare sui risultati. L’ecommerce era già in crescita in Italia, ma certo il lockdown ha fatto da acceleratore. Ci ha costretti a cambiare abitudini di acquisto, ed ha imposto alle aziende modalità diverse di gestione della filiera.
Vendite online che hanno funzionato anche in un comparto, quello del cibo, tradizionalmente ostico. È difficile vendere prodotti alimentari online: c’è maggiore diffidenza da parte dei consumatori, e la supply chain da controllare è oggettivamente complessa.
D’altra parte, molte aziende si muovono da tempo, con metodo, per superare tali difficoltà. Per le imprese italiane specializzate nell’export, poi, i canali digitali sono oggi sia un elemento vincente di comunicazione sia un veicolo di penetrazione in nuovi mercati.
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2. Audience: trovare la giusta nicchia di riferimento
Chi esporta generi alimentari ha capito che una presenza online garantisce una vetrina alla propria proposta tanto quanto un endpoint strettamente commerciale. La platea potenziale è molto vasta, troppo se non si riesce a mettere a fuoco adeguatamente la propria proposta.
È per questo che un ecommerce diretto all’export deve cercare il “suo” pubblico. È l’unico modo per evitare di perdersi nel rumore di fondo che, parlando di mercati internazionali, può essere davvero insormontabile. Possono dare una mano le caratteristiche dei prodotti da vendere: gli alimentari made in Italy sono infatti conosciuti e apprezzati in tutto il mondo. L’audience da raggiungere è, non di meno, ampia, diversificata e ben segmentabile.
Nicchie rilevanti per le esportazioni italiane possono essere, per fare qualche esempio:
- italiani all’estero. Non soltanto quelli che sono lì da una o più generazioni, ma anche gli expat, studenti e/o lavoratori che vorrebbero trovare all’estero i prodotti di casa;
- turisti. Per esempio quelli che d’estate assaggiano i prodotti tipici locali e, una volta a casa, conservano memoria e interesse per la nostra enogastronomia.
- foodies. Cultori della buona tavola sempre alla scoperta di tipicità, che troveranno nelle molte nostre DOC e IGP un vero tesoro;
- addetti ai lavori. Ristoratori, distributori e altri operatori di settore, interessati ai nostri migliori prodotti. Il mercato B2B da questo punto di vista è molto ricettivo;
- curiosi e appassionati di innovazione. Il made in Italy alimentare è soprattutto tradizione, tuttavia molti produttori italiani sanno offrire oggi innovazione di prodotto e di processo. E incontrano l’interesse e il favore di un nutrito pubblico.
3. Certificazioni: garantire la “vera” esperienza del made in Italy
La diffidenza verso il commercio elettronico di alimentari nasce spesso da motivi “relazionali”. Il cibo si osserva, magari si tocca, soppesa, annusa. Insomma la sua valutazione è un’operazione ordinaria e tuttavia legata a un’esperienza “fisica” difficile da riprodurre online.
Un ecommerce introduce così una distanza che può allontanare i consumatori, e un ecommerce diretto all’export la aumenta ulteriormente. Per superare questo ostacolo, allora, l’azienda e i suoi prodotti devono essere molto convincenti, e le tecnologie digitali possono aiutare.
Se l’esperienza virtuale elimina la dimensione sensoriale nella scelta del cibo, fornisce però molti altri elementi di giudizio. Filiere tracciabili, etichette smart, certificazioni di origine e produzione garantite: sono solo alcuni strumenti che la digitalizzazione della supply chain mette a disposizione.
La questione della tracciabilità diventa ancora più importante per i prodotti esportati all estero. Il marchio Made in Italy è infatti soggetto a un’agguerrita, e spesso sleale, concorrenza. Il fenomeno dell’Italian sounding food, allora, si combatte anche offrendo elementi chiari per ripercorrere la filiera e certificare come interamente italiani gli alimenti in vendita.
In particolare, è importante per le aziende del settore riuscire a tradurre i dati di tracciabilità in una comunicazione convincente e coinvolgente. Una filiera controllata e garantita è, dopotutto, anche un importante elemento di marketing del prodotto, specie quando ci si rivolge a pubblici più smaliziati.
Vedi anche: Come contrastare a livello gestionale italian sounding food e agropirateria
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4. Filiera snella: controllare la supply chain nel modo più efficiente
Se quelle viste finora sembrano più delle enunciazioni di principio, introduciamo un elemento molto pratico. Un ecommerce che funziona, allora, è un sito web con alle spalle una catena di distribuzione ultra efficiente. Gestire gli aspetti amministrativi e logistici di una filiera così complicata non è facile, e richiede uno studio di fattibilità molto attento.
Da questo punto di vista, è particolarmente complicato controllare un ecommerce per export alimentare “da casa”. Troppo lunghe le catene di approvvigionamento e spedizione, per prodotti delicati come gli alimenti. Difficile anche rispettare tempistiche accettabili, se non si riescono a definire bene i mercati da servire, i costi da considerare e le pratiche amministrative da svolgere. Può essere un’idea, allora, servirsi di sedi di appoggio o magazzini in loco da cui poi smistare le varie spedizioni.
D’altra parte, nei casi in cui le produzioni siano effettivamente molto specializzate o a corto raggio, per esempio dirette verso alcuni Paesi dell’UE, anche un controllo più domestico può funzionare. Resta sempre necessario, però, avere un’organizzazione molto efficiente della logistica e delle operazioni di magazzino.
Vale in generale per l’ecommerce, che fa del fattore tempo e della rapidità nel soddisfare un bisogno del cliente un elemento centrale. E tanto più per un ecommerce alimentare, dove vanno rispettate norme e precauzioni per la corretta conservazione del prodotto. Ancora di più, poi, se ci si indirizza verso i mercati esteri, nel qual caso bisogna tenere in conto anche eventuali complicazioni burocratico-doganali.
Questo non vuol dire che la rapidità sia un valore in sé. Piuttosto, il successo dell’ecommerce si basa sulla capacità di offrire tempistiche chiare e misurabili, e di riuscire poi a rispettarle.
Vedi anche: Gestire spedizioni ecommerce. Contenendo costi e ritardi
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5. Ecommerce: una esperienza di acquisto soddisfacente
Se la credibilità dei propri prodotti è un fattore essenziale per “sfondare” all’estero, certamente conviene dotarsi di un proprio ecommerce. Un sito che comunica la propria idea di azienda, ciò che la distingue dalle altre e i motivi per cui può soddisfare le esigenze dei consumatori. Un sito, inoltre, che permetta quel processo di disintermediazione che fa spesso la differenza, in positivo, nel rapporto con il cliente finale.
Va da sé che il sito deve poter offrire un’esperienza di acquisto convincente, piacevole e sicura. La traduzione multilingua, disponibile con molti servizi di web hosting, è una buona opzione ma va controllata. Meglio sarebbe affidarsi a un servizio di traduzione specializzato: aggiunge professionalità e aiuta a evitare scivoloni linguistici o ambiguità. Oltre a quell’impressione di sciatteria tipica di quando si sfoglia un menu in italiano all’estero…
Altro aspetto importante per quanto riguarda le qualità tecniche dell’ecommerce è legato alla sicurezza e alla gestione dei pagamenti. Trattando con clienti esteri, il modulo di check out deve offrire la massima flessibilità e completezza quanto a opzioni di pagamento. Al tempo stesso il sistema deve essere sicuro e al riparo da intrusioni: le principali piattaforme di pagamento digitale sono al lavoro da tempo su questi aspetti.
Se un ecommerce proprietario è una buona idea per fare sul serio, da solo sicuramente non basta. In questo senso, va considerata la presenza anche sui marketplace di settore dei Paesi target, e una adeguata attività promozionale che può essere fatta sia online sia in loco. Perché almeno all’inizio occorre spingere un po’ di più.
È quanto per esempio è stato fatto con l’accordo tra Tannico, e-shop di vini, e l’agenzia ICE che si occupa della promozione all’estero delle imprese italiane. Grazie a questo accordo circa 400 piccoli viticultori hanno avuto accesso a prezzi agevolati a WinePlatform, la piattaforma di Tannico che permette di commerciare anche con i mercati esteri.
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6. System integration: una infrastruttura digitale che funziona
Il sito web dove materialmente si svolge il processo di vendita non è l’unico elemento dell’infrastruttura digitale da controllare. Pari importanza ha la sua integrazione nell’infrastruttura gestionale dell’azienda. Il negozio online deve infatti comunicare efficacemente con il suo back office, assicurando l’allineamento del magazzino alle disponibilità reali, la corretta evasione degli ordini, la trasmissione dei dati tecnici e amministrativi.
Un cliente all’estero deve insomma essere sicuro di ciò che legge sul negozio online. Per esempio deve essere ragionevolmente certo che:
- i tempi di consegna indicati siano rispettati;
- prezzi e modalità di spedizione siano corretti;
- il prodotto corrisponda alla sua descrizione online;
- l’ordine sia trasparente e tracciabile, dal momento della ricezione a quello di invio e consegna.
È un lavoro complesso, che richiede un’analisi attenta della propria infrastruttura attuale. Si è in grado di controllare un processo complesso come quello della vendita online e all’estero di prodotti alimentari?
Se sì, è bene mettersi all’opera perché le potenzialità del mercato sono notevoli. Se no, si può correre ai ripari studiando il tipo di upgrade più adeguato a rendersi competitivi online. Con l’aiuto di specialisti dell’integrazione gestionale, come lo staff di Enter, potrete così mettere a punto la soluzione software più adatta a gestire in modo soddisfacente un ecommerce per l’export alimentare.
Scopri di più: Le soluzioni Enter per l’integrazione tra ecommerce e sistema gestionale
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